12 Lug La Colonia marina Bolognese di Miramare #02
Il 2 luglio 1947 il Giornale dell’Emilia affermava: «L’Ufficio provinciale dell’Assistenza Postbellica attuerà, durante l’estate in corso, l’assistenza ai bimbi che ne hanno diritto e di età compresa fra i 6 e i 12 anni, mediante il finanziamento di numerose colonie estive temporanee, cui daranno la loro collaborazione Enti particolarmente in grado di assicurare il migliore svolgimento di tale attività». Le colonie in questione erano quelle di Camogli (Genova) e Trezzo d’Adda (Bergamo) gestite dal Commissariato Gioventù Italiana, e quelle di Gatteo Mare e Canazei, gestite dalla Pontificia Commissione di Assistenza, per un totale di circa 1.300 bambini.
Inoltre si dava questo importante annuncio: «Da parte sua, il Municipio informa che nella prima decade di luglio, nell’edificio dell’ex X Legio, a Miramare di Rimini, sarà inaugurata ufficialmente la colonia estiva del Comune di Bologna. La colonia, che per quest’anno potrà ospitare solamente 1.200 bambini circa, divisi in tre turni, è stata derequisita solo da pochi giorni da parte delle autorità alleate, grazie all’interessamento del Comune». Come ricorderete, infatti, la Colonia – tolte le insegne fasciste, ora semplicemente “Bolognese” – ancora nel 1946, a più di un anno dalla fine della guerra, era occupata dai prigionieri tedeschi: quell’anno fu organizzata una “tendopoli” a Riccione. L’anno successivo, finalmente, si riuscì a liberare una porzione dell’edificio per riprendere l’attività assistenziale e di cura per la quale era sorta. Così raccontava Penelope Veronesi, al tempo una delle donne dell’UDI e già impiegata all’Eca (Ente comunale di assistenza) e come insegnante nelle colonie della G.I.L.: «Cominciammo a darci da fare per gli asili, per le scuole, perché tra quelle che erano distrutte, quelle occupate dagli uffici pubblici che erano stati distrutti, quelle occupate dai profughi e dai sinistrati, era un dramma. C’era poi il problema delle colonie. Avevamo dei bambini che uscivano denutriti dalla guerra perché c’era stato poco da mangiare, ma soprattutto, c’era la necessità di far dimenticare a questi bambini gli orrori della guerra […] Il primo anno non potemmo fare delle colonie e ci accontentammo di campi solari […] Nel ’47 finalmente funzionò la prima colonia a Miramare, lo stabile era stato occupato, erano ricoverati prigionieri tedeschi malati. Ci fu di aiuto un ufficiale di Bologna che aveva fatto l’interprete presso gli americani. Per merito suo riuscimmo a farci sgombrare un’ala, a pulirla e lì funzionò la prima colonia; vorrei precisare che prima, nel ’46 facemmo la tendopoli a Riccione, solo l’anno successivo andammo a Miramare, perché, quando pioveva…in tendopoli, finché è bello, far mangiare i bambini all’aperto sotto una bella pineta era una cosa piacevole, ma quando pioveva era un problema…». Curiosamente, settant’anni dopo, anche se in un contesto diverso e in misura minore, si è verificata una cosa simile, con la riapertura di un refettorio ad opera della nostra associazione…
Nell’agosto, sempre del 1947, la stampa riportava il numero di bambini (400) che partivano «dal primo cortile di Palazzo d’Accursio» per Miramare come secondo scaglione: una settimana dopo il sindaco Dozza, proseguendo una lunga tradizione iniziata in epoca fascista, visitava la colonia accuratamente, constatando l’ottimo stato di salute dei piccoli ed il perfetto funzionamento della struttura, «che tedeschi e alleati avevano ridotta in modo pietoso». Novemila erano state le domande presentate, ma come detto solo 1.200 vennero accolte.
(Fonti: Giornale dell’Emilia, 1947: 2/7, 8/8, 15/8; Il voto alle donne, a cura di Angela Verzelli, 1989. Si ringrazia la Biblioteca civica Gambalunga – Rimini. Immagine di copertina concessa gentilmente dal sig. Giorgio Negri (archivio PCI Bologna, circa anni ’40))