12 Lug La Colonia marina Bolognese di Miramare #03
Il 13 agosto 1948 il Giornale dell’Emilia, cronaca di Bologna, titolava: «Una colonia modello sulla spiaggia di Miramare: è quella del nostro Comune; ospita tremila fanciulli ed è attrezzata di tutto punto». La Colonia Bolognese riprese a funzionare, anche se parzialmente, solo l’anno precedente: il 1948 invece fu una sorta di rinascita, una nuova inaugurazione dopo i danni di guerra. Fu riaperta l’8 luglio e il 12 agosto diverse autorità si recarono a Miramare per sancire ufficialmente l’inizio dei soggiorni estivi per i bimbi bolognesi: «due lussuosi torpedoni» trasportarono, oltre il sindaco Dozza e l’assessore Beltrame, svariati rappresentanti del Comune, della Provincia, delle scuole, nonché dell’ANPI e del CIF (Centro Italiano Femminile). La colonia era «tutta infiorata e imbandierata a festa», vennero accolti dal sindaco di Rimini e dal direttore Carlo Nanni e poterono constatare di persona «come in brevissimo tempo la colonia di Miramare – che è la più grande oggi in attività sul litorale fra Rimini e Riccione – sia stata rimessa a nuovo e dotata di una modernissima attrezzatura».
La struttura era stata restituita al Commissariato per la Gioventù Italiana (ex Gioventù Italiana del Littorio) in primavera, quindi data in affitto al Comune di Bologna; i lavori erano partiti il 12 aprile e i principali terminati in luglio. Essi riguardavano soprattutto le opere murarie, i serramenti, gli impianti sanitari, la lavanderia, le cucine…e la spiaggia, ancora colma di macerie.
Ben 1.300 letti vennero sistemati negli ampi dormitori e negli alloggi del personale, l’economo comunale dovette spendere 40 milioni di lire solo per gli arredamenti e altrettanti erano stati previsti da parte dell’ufficio tecnico per ultimare le riparazioni. In questa nuova gestione si fece uno sforzo per ospitare fino a 1.050 bambini per ognuno dei tre turni di 26 giorni previsti (contro una capienza ideale di 700), in ragione della estrema necessità di assistere più fanciulli possibile. Essi erano divisi in 16 squadre di 32-33 unità ciascuna, ognuna comandata da una vigilatrice, a sua volta assistita da una bidella. Sedici erano anche i dormitori e quattro i refettori. Sempre appartato rispetto al complesso di edifici principale era il temuto “isolamento”, dove prestavano servizio due pediatri del “Gozzadini” e quattro assistenti sanitarie.