Storie di Colonia: ogni anno mi sentivo sempre più protagonista - Il Palloncino Rosso
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Storie di Colonia: ogni anno mi sentivo sempre più protagonista

Storie di Colonia: ogni anno mi sentivo sempre più protagonista

“Mi chiamo Sandro Vanelli, sono nato il 15 aprile del 1944 a Monte San Pietro, un Comune della Provincia di Bologna, e sono entrato in colonia nel giugno del 1950. Avevo compiuto 6 anni ma ero ancora analfabeta perché non ero mai andato a scuola.
La scuola iniziava il 1° ottobre. La partenza era stata un po’ problematica, però, strada facendo e arrivando alle scuole De Amicis con la cosiddetta corriera, l’autobus, facemmo alcune centinaia di metri per arrivare in stazione e da lì salii per la prima volta sul treno: destinazione Rimini. Per me era una cosa nuova ed emozionante anche se mi allontanavo dalla famiglia, però nel viaggio avevo alcuni amici del mio paese più grandi di me che mi faceva un po’ da tutor: infatti se non ero il più piccolo ero tra i più piccoli di età e di altezza della colonia. Arrivati lì mi ritrovai in mezzo alla confusione di quasi 1.000 bambini e io invece ero abituato a frequentare il cortile del mio agglomerato dove ci si trovava in 7… 8… 10 bambini!
Arrivati in colonia insieme a questa platea di bambini è stata una cosa prima un po’ preoccupante, dal momento che eravamo davvero in tanti in tanti, poi però mi sono inserito molto bene e mi sono anche divertito.
La cosa che mi piaceva di più era quando si andava a fare il bagno, ma la cosa più importante era che in quella colonia si mangiava tre volte al giorno e invece a casa mia, dove eravamo in sette fratelli in una famiglia un po’ di basso livello, si mangiava una volta al giorno e quando andava bene una volta e mezzo.
In colonia qualcuno si lamentava anche del cibo che per me era molto gradevole.
Poi pian piano mi sono inserito e ho cominciato a conoscere delle figure nuove… Quella che mi metteva un po’ in soggezione era la direttrice: quando la mattina c’era l’alzabandiera e veniva giù la direttrice per quella scalinata, sembrava di vedere un generale tedesco, pensandoci adesso. Però proprio lei, a un certo punto, mi ha fatto anche protagonista, affidandomi il compito dell’alzabandiera: mi sentivo molto importante, e cantavo l’Inno d’Italia a squarciagola. Poi si verificò un fatto, che due fratelli che erano in colonia con me e cercavano sempre di farmi arrabbiare, una mattina esagerarono davvero e allora anche io esagerai: avevo gli zoccoli in legno e, preso dalla rabbia, ne lanciai uno e feci una ferita nella testa a uno dei fratelli. Fu così che per penitenza mi tolsero dall’alzabandiera.
La cosa ancora triste era quando venivano a trovare i genitori. I miei genitori non sono mai venuti ma almeno così mi risparmiavo di vivere in prima persona la scena a cui assistevo: i miei amici che si attaccavano alla rete per comunicare come si fa probabilmente in un parlatorio del carcere.
Un’altra cosa che era poco divertente era quando la sera si faceva la passeggiata sulla spiaggia e si vedevano delle conchiglie, che per noi era una cosa nuova, ma era vietato sganciarsi dal gruppo, in cui ci tenevamo a due mano per mano, per poter raccogliere queste cose.
Un altro aneddoto che ricordo è legato a una delle prime sere nelle camerate: chiamai una signorina dicendo che qualcuno mi aveva rubato la valigia, la mia valigia di cartone. Invece non è che me l’avevano rubata, avevo sbagliato letto, c’era unafila di letti infinita , tutti uguali, e allora dopo qualcuno di noi aveva fatto un segno sul muro per ricordarsi dov’era, perché c’erano file di 30, 40 letti per volta…
Gli anni successivi invece la cosa è stata più facile. Io alla Colonia Bolognese sono andato per tre anni e ogni anno mi sentivo sempre più un protagonista, come i militari mi sentivo l’anziano, conoscevo la colonia, conoscevo l’ambiente, e mi trovavo a mio agio nonostante mi capitasse di avere dei momenti di tristezza. Capitava dei giorni, per un motivo o un altro, poi però c’erano le sere che si faceva il cinema, le sere che si faceva una specie di saggi, tante tante cose positive…
La cosa che mi ricordo è che quando si era così in tanti, in compagnia, se non con uno, con un altro riuscivi a realizzare il modo di giocare: un giorno litigavi con uno ma con tanti bambini potevi giocare con un altro!
Poi i giorni prima della partenza erano tutti euforici, allora venivano delle signore con delle ceste a vendere i ricordini del mare, tutti oggetti fatti con le conchiglie. Il fatto era che io non avevo i soldi e non potevo comprare. Allora mi ricordo una certa signora Australia, o un nome del genere, che mi regalò una cappa un po’ più grande del solito, me la regalò perché piangevo. Poi mi ricordo della signorina Lucia, che era quella che capeggiava il nostro gruppo e questo ricordo è di una dolcezza infinita perché lei aveva tutte le attenzioni per noi bambini, uno piangeva o si faceva male e lei non era mai arrabbiata o ci sgridava.
Io ho avuto una vita molto molto attiva anche in seguito, a scuola ero molto bravino, infatti a scuola ero l’animatore: avevo delle diapositive chiamate “Don Bosco” ed ero diventato l’attivo che proiettava questi filmini a scuola, e poi non solo nella mia classe! Stavo lì e a mezzogiorno la maestra mi portava un panino con la mortadella ed io al pomeriggio, perché c’erano due turni, andavo a fare queste filmini anche nelle altre classi.
Oltre alla colonia io fino all’età di 13 anni sono stato un po’ uno scugnizzo, ho fatto di tutto e di più, come ad esempio, quando avevo 5 anni, un giorno, scappati da scuola materna, abbiamo deciso di andare al fiume con il mio amico di una vita, Romano, e quando siamo tornati la sera tardi abbiamo preso un po’ di scapaccioni, però intanto avevamo avuto la nostra mezza giornata di libertà e di orgoglio”.
Da “Storie di Colonia. Racconti d’estate dalla Bolognese”, Rimini 2019